La malmignatta, il ragno della pizzica

Che cos’è la malmignatta? Si tratta di un ragno non più grande di 15 millimetri diffuso in diverse aree del Mediterraneo: popola habitat a pietraia assolati e muretti a secco ed è conosciuto con il nome scientifico di Latrodectus tredecimguttatus. Link

La malmignatta, animale appartenente alla famiglia Theridiidae, proprio quella di cui fa parte le famosa “vedova nera”, il cui nome rimanda a racconti di paura e di morte. Avvistamenti: link

In realtà la malmignatta è solo una lontana parente della ben più temuta specie americana, anche se evidentemente la sua “puntura” non è così innocua ed è comunque più dannosa rispetto a quella di altri tipi di aracnidi quali il “ragno violino”, il cui morso comporta più che altro reazioni cutanee.

Esemplare giovane del ragno, che crescendo diventa nero e con macchie rosse.

Per conoscere qualcosa in più su questo artropode e per fare chiarezza sul reale pericolo che rappresenta, sentiamo cosa ci dice Roberto Carlucci, ecologo del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari.

Che cos’è la malmignatta?

Si tratta di un ragno non più grande di 15 millimetri diffuso in diverse aree del Mediterraneo: popola habitat a pietraia assolati e muretti a secco, tredecimguttatus ė un appellativo che fa riferimento alle sue 13 macchie rosse presenti sul corpo. Viene chiamata anche “vedova nera mediterranea”, per via delle abitudini comportamentali simili e alla “parentela” con il temuto aracnide americano.

Ci sono però differenze enormi tra le due specie…

Entrambi mangiano il maschio dopo essere state fecondate rimanendo così “vedove”, ma pur essendo “cugine” sono estremamente diverse tra di loro. Quella americana, oltre ad essere circa quattro volte più grande, è ben più pericolosa: il suo veleno in assenza di antidoto può risultare realmente letale per il malcapitato.


La malmignatta invece non uccide?

Solo in casi molto particolari. Intanto se il morso avviene in un posto circoscritto e poco irrorato dal sangue, si localizza e non circola in altre aree del corpo. Se invece vengono colpite parti sensibili, allora si possono presentare delle complicazioni, anche se c’è sempre il tempo per intervenire, come accaduto per un signore di Margherita di Savoia. Magari qualche rischio in più ci può essere per i bambini con basso peso corporeo e gli anziani debilitati che potrebbero avere un deficit respiratorio.

Un pericolo, seppur minimo, però esiste…

Sì il ragno è comunque velenoso, ma di certo non attacca l’uomo ed è comunque molto schivo. Se si fa in modo di non infilare la mano nel buco di una pietra, la possibilità che si venga morsi equivale a quella di vincere alla lotteria.

Quando si viene morsi cosa accade?

C’è un arrossamento visibile della zona della “puntura”, a cui seguono effetti neurotossici che portano a contrazioni della muscolatura volontaria. Oltre al tremore e alle convulsioni (associate a senso di nausea e vertigini), si può riscontrare anche un effetto sul cuore che, in caso di avvelenamento, potrebbe incorrere in aritmie cardiache.

Quanto è diffuso l’aracnide?

È distribuito in tutta Italia, ma nessuno sa in quanti esemplari. Studi che riescano a stimare la numerosità di queste specie semplicemente non esistono. Si tenga presente che una femmina è capace di produrre centinaia di “piccoli”, che però poi devono affrontare la continua predazione da parte di altri animali quali gli uccelli. 

Ma è vero che da questo ragno deriva la leggenda popolare del tarantismo?

Molti sostengono che alle radici del leggendario fenomeno del “tarantismo” (sorta di isteria curata attraverso un “esorcismo musicale”) non ci sia la tarantola, il cui morso è abbastanza innocuo, ma proprio la malmignatta. Chiaramente si parla di folklore: anche se certo, in casi estremi e in mancanza di cure, la “puntura” di questo ragno può portare a convulsioni, febbre e infine deliri.


Anche in Sardegna si sono trovati questi ragni. Questo ragno meglio noto come la “vedova nera mediterranea”, in sardo è conosciuta e temuta con il nome di ‘Argia’.

Si pensava fosse estinto, ma si registrano avvistamenti documentati

La paura del morso dell’Argia è legato alle tradizioni popolari della Sardegna. Si credeva che la persona punta dall’Argia fosse la vittima predestinata di una possessione demoniaca che richiedeva per la guarigione, “su ballu de s‘Arza” (il ballo dell’Argia), che consisteva in una ballo che doveva si avvia disponendo il paziente in una fossa e poi ricoprendolo fino al collo con letame.  Intorno all’uomo sono chiamate a danzare 21 donne suddivise in tre categorie: le nubili, le maritate e le vedove. Queste, dovranno grazie a battute ironiche accompagnate da gesti provocatori far ridere il paziente al fine di alleviare la sua sofferenza.
Dopo diversi tentativi se la vittima si è messa a ridere, si può affermare che la guarigione è avvenuta. Questo rito è legato alla divinità lunare, che nel suo triplice aspetto; di fanciulla, di sposa e di vedova è legata perfettamente con i tre modelli di donna che sono richiesti per la danza.

Coppia fotografata a Santa Teresa di Gallura. Maschio a sinistra e femmina a destra. In alto sono anche visibili i resti di alcune formiche predate.
Fonte: https://forum.aracnofilia.org/topic/20236-santa-teresa-gallura-ot-latrodectus-tredecimguttatus

Gli aspetti culturali e psicologici del fenomeno sono stati studiati in modo approfondito dall’antropologo culturale Ernesto De Martino intorno al 1950.
Le false credenze relative a questo ragno non si fermano alla sfera medica, ma includono anche un importante errore zoologico. Infatti la responsabilità del suo morso veniva attribuita ad altre specie con cui condivide parte dell’areale e habitat, e che, date le dimensioni e le abitudini girovaghe, tendono ad essere maggiormente notate: i ragni della famiglia Lycosidae, e in particolare Lycosa tarantula, la vera tarantola o taranta. Infatti questi ragni hanno un morso decisamente più doloroso, data la dimensione dei cheliceri, ma completamente innocuo sotto il profilo medico. La stessa credenza ha generato il nome delle tarantelle, danze tipiche del sud Italia, come la pizzica salentina, che mimano le convulsioni del malato di latrodectismo, che in alcune zone veniva originariamente ed erroneamente chiamato appunto “tarantismo”.

Una fase del rituale.
Fonte: http://www.psychiatryonline.it/node/7667

https://it.wikipedia.org/wiki/Lycosa_tarantula

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