La possessione nei Rituali Pagani: dai Bacchanalia al Tarantismo. Spettacolo itinerante alla ri-scoperta delle Radici Tarantine a Taranto, tirando le somme.

🏖 IT.A.CA’ MIGRANTI E VIAGGIATORI: FESTIVAL DEL TURISMO RESPONSABILE – TARANTO🐾

📌 Tirando le somme? Ecco un altro interessantissimo successo, quello che ha visto, come spesso accade, il sodalizio Tarantinìdion Taranto e Taranto: Una Finestra Su... Questa è stata solo una piccola preview di ciò che si realizza e soprattutto realizzerà con duro lavoro di vera ricerca storico-bibliografica e passione. In questo periodo così delicato per il genere umano, l’approdo di ” Itaca migranti e viaggiatori – Festival del Turismo Responsabile verso la Città di Taranto e nello specifico in Città Vecchia e Nuova, può solo segnare un nuovo punto di svolta per le future iniziative e varie progettualità, tutte all’insegna della culturale territoriale locale. Il nostro evento, dal singolarissimo nome “La possessione nei Rituali Pagani: dai Bacchanalia al Tarantismo. Spettacolo itinerante alla ri-scoperta delle Radici Tarantine”, inserito nel cartellone artistico della rassegna medesima, riscuotendo ottimi consensi, fin da subito, ha superato di gran lunga tutte le aspettative iniziali.

🔖 La singolare iniziativa culturale, che ha avuto luogo sabato 10/10/20 è stato uno spettacolo itinerante, basato sulla rievocazione storica di alcuni rituali pagani, che anticamente hanno visto l’alba e i tramonti proprio nella Città Vecchia di Taranto. Si annovera, come il resto degli eventi satelliti della rassegna, come turismo esperienziale proprio perché i protagonisti di tale viaggio, sono i luoghi del centro storico, che in passato sono stati teatro a cielo aperto di alcuni rituali legati al culto delle festività pagane dei “Bacchanalia”, durante la Magna Grecia e il rituale del “Tarantismo” fino alla seconda metà del ‘900. I luoghi medesimi sono oggetto di piani di risanamento e riqualificazione dell’assetto urbano, che hanno impreziosito la 12^ edizione de “Itaca migranti e viaggiatori – Festival del Turismo Responsabile Taranto”, coordinato da S. Andrea degli Armeni Domus Armenorum Taranto

👉 Ad accompagnarci in questo viaggio sono stati gli artisti:
💃 Cinzia Pizzo (narrazione, voce, castagnette e danza);
🎸 Giù Di Meo (narrazione, chitarra e voce);
🥁 Simone Carrino (tamburello e percussioni);
🎭 Serena F. Arco (performance di danza: da Menade a Tarantata);
🎙 Simona Cucci (narrazione e canto ellenico);
📜 Antonello Cafagna (narrazione).

Main partner di progetto, sono stati: Ass. ASSOCIAZIONE CULTURALE “VITO FORLEO” TARANTO, Nicola Cardellicchio, Museo Medioevale del Principato di Taranto Maria d’Enghien, ass. Santa Maria della Scala, Naples, Pasquale Chiochia, Nicola Artista Giudetti e l’ Info-point Taranto.

📝 Il project management è a cura di Vincenzo Ludovico, la prima parte reportage fotografico è a cura di Mino Lo Re, Taranto in ph. vista da Mino Lo Re.

🕷 Ma cosa furono, realmente, i BACCHANALIA?
I “Baccanali”, il cui termine deriva dal latino “Bacchanalia”, erano delle festività romane a sfondo propiziatorio. Il nome è di origine romana e deriva da rituali dedicati a Diòniso (in Grecia) – Bacco (a Roma), ma la sua origine è molto più antica. Probabilmente sono festività cultuali, risalenti alla Magna Grecia, dove erano, fortemente, radicati nei territori campani e lucani. Già in epoca romana, ma probabilmente anche prima, erano delle festività di tipo orgiastico, divenute in un secondo momento, (o forse ritornando alle origini) propiziatorie in onore delle divinità in occasione della semina e della raccolta delle messi e non solo. La diffusione del culto di Bacco a Roma avvenne intorno al II secolo a.C. Analogamente al culto di Dioniso in Grecia, da cui deriva, si trattava di un culto misterico, ossia riservato ai soli iniziati, originariamente solo donne, ossia le “Menadi” (in Grecia) e/o le “Baccanti” (a Roma), con finalità mistiche. Spesso il baccanale coinvolgeva più popolazioni di un territorio che si riunivano per diversi giorni in un luogo-simbolo, dove venivano praticati anche sacrifici animali; sicuramente le pratiche sessuali che vi si svolgevano erano anch’esse finalizzate alla propiziazione ma anche ai festeggiamenti per i pastori che ritornavano dalla transumanza dopo un’intera stagione. Ciò che noi sappiamo dei Bacchanalia romani e dei fatti, molto gravi, cui essi diedero luogo, lo dobbiamo principalmente al racconto di Tito Livio (XXXIX, 8-19). Lo storico narra che un Greco dell’Italia meridionale, sacerdote e indovino venuto in Etruria, vi fece conoscere i riti dionisiaci, che degenerarono ben presto nelle orgie più immorali, pretesto, talora, di ogni sorta d’azioni delittuose. Dall’Etruria codesti riti passarono a Roma. Quivi pare che già si praticassero i riti dionisiaci, importati direttamente dalla Magna Grecia: essi consistevano in feste notturne che si tenevano tre volte all’anno nel bosco di Stimula (nome latino di Semele), presso l’Aventino e alle quali partecipavano soltanto onorate matrone romane. Dioniso era invocato nei riti perché rinnovasse il ciclo della vita vegetale, tornasse a far scorrere il vino e, rendendosi personalmente presente tra gli uomini, li possedesse con la sua mania e offrisse loro la possibilità di oltrepassare ritualmente il limite della loro condizione e di avere un contatto più stretto con il divino. Da allora cominciò a diffondersi la voce che in codeste riunioni si commettesse ogni sorta di nefandezze. Così a Roma si finì per vedere negli affiliati ai riti bacchici una specie di grande setta, pericolosa per l’ordine morale e sociale. Condotta a fondo l’inchiesta e persuaso della gravità della cosa, il magistrato ne informò il senato, il quale ordinò ai consoli che, con procedimento giudiziario straordinario, provvedessero a ricercare e ad arrestare tutti gli associati alla religione bacchica, per poi processarli. Gli accusati furono ben 7000, fra uomini e donne. Ciò fatto, si provvide a che per l’avvenire il pericoloso caso non avesse a ripetersi. Furono sciolte, con ordine dei consoli e con poco riguardo ai trattati, tutte le associazioni bacchiche ancora esistenti a Roma e in Italia, anche nelle città degli alleati; indi fu emanato un senatoconsulto che ne proibiva la costituzione per l’avvenire. E il famoso senatus consultus de Bacchanalibus, il quale fu dai consoli comunicato a tutti i federati d’Italia; ne è giunta fino a noi una copia, su una tavola di bronzo scoperta a Tiriolo in Calabria e ora conservata a Vienna (Corp. Inscr. Lat., 2a ediz., I, 581; X, 104): esso contemplava una proibizione generale dei riti bacchici, permettendone soltanto la celebrazione in qualche caso speciale, previa autorizzazione del senato e a condizione che al rito non partecipassero più di cinque persone alla volta, due uomini e tre donne.
La misura del senato provocò grande emozione, ed anche delle resistenze vivaci, nelle città della Magna Grecia, specialmente a Taranto, dove occorsero alcuni anni perché il senatoconsulto avesse piena applicazione (cfr. Liv., XXXIX, 41, 6 segg.; XL, 19, 9 segg.). Per la severità con cui allora si provvide i Baccanali non riapparvero mai più in Roma. (V. Tavv. CLXV e CLXVI).

💃 Ma chi erano, dunque, le Menadi?
Riunite in gruppi, i tiasi, furono la rivisitazione greca delle Baccanti, seguaci del dio Dioniso, che era il Bacco romano. Esse sono una personificazione della natura, quindi un inno all’istinto, alla vita e alla proliferazione. Come donne ne seguivano i medesimi impulsi naturali, erano libere.
Le menadi, dette anche “Baccanti”, “Tiadi” o “Mimallonidi”, furono donne reali anche se in parte mitizzate, negativamente, che vestite con pelli animali, con in testa una corona di edera o quercia o abete, presero le strade dei monti abbandonando case e talami per celebrare il Dio Dioniso, il liberatore. Tutto questo accadde all’incirca nel VI – V sec. a.c., quando le donne greche vennero coperte dai capelli ai piedi e rinchiuse nelle galere dei ginecei. Però, uno spirito libero ancora era conservato, se al richiamo del dio Dioniso le greche ebbero il coraggio di abbandonare mariti e figli per fuggire sui monti. Secondo il mito greco, il termine “Menadi” deriva da Menio, re di Orcomeno, città beota vicino a Tebe. Secondo il racconto contenuto ne “Le metamorfosi” di Antonino Liberale, le tre laboriose figlie di Menio, dette appunto dette Menadi, erano disinteressate al culto di Dioniso e riconoscerne l’autorità. Quest’ultimo, però, irritatosi, invase, possedendo le sorelle e le condusse alla pazzia, all’infanticidio e all’omofagia. Il racconto mitologico termina con l’intervento di Hermes che tramuta le donne, ormai diventate incontenibili Baccanti, in tre volatili notturni custodi delle arti oscure e misteriche: pipistrello, civetta e gufo. Esse celebravano il dio cantando, danzando e vagando come animali per monti e foreste. Solitamente agitavano il tirso, cioè una picca avviluppata dall’edera sulla sommità. Secondo altri, Euripide compreso, non si trattava di edera ma di una pigna legata con nastri a una grossa canna di palude, per altri ancora si trattava della ferula, la stessa pianta di cui si racconta che Prometeo, rubato il fuoco agli dei per donarlo all’uomo, lo trasportò all’interno di un fusto secco di ferula, accendendo il midollo secco contenuto all’interno. Nel frattempo sui monti e nelle foreste, divinizzando la magica ferula di Dioniso, le donne compiono i riti facendo sgorgare vino, latte e miele dalla roccia, e nel furore dionisiaco, animate da forza sovrumana e bestiale, squartarono una mandria di mucche, devastato dei villaggi, rapendo bambini e mettendo in fuga la popolazione. Peraltro appaiono portatrici di un tipo di società alternativa, a diretto contatto con la natura, in cui la donna dimentica la sua vita cittadina, arrivando ad allattare cuccioli di animali.
Riunite in gruppi iniziatici, i “tiasi”, Ad anni alterni le baccanti si appartavano sulle montagne, con danze, canti, sistri e tamburelli, per celebrare i riti di Dioniso.

🏛 Analogia con Taranto?
Storicamente, anche Taranto ha avuto nei gloriosi tempi antichi festività religiose pagane, in onore del dio Dioniso. Infatti, significativi riferimenti riguardano le feste religiose, come le “Dionisie”, documentate anche a Taranto, che culminavano con gare di rappresentazioni teatrali. Testimonianze archeologiche, confermano la presenza di tale culto misterico, rigorosamente nascoste nel sottosuolo. Intorno al 1971 durante la costruzione della chiesa del Sacro Cuore, via Dante Alighieri presso la Città Nuova, fu rinvenuto un complesso cultuale, databile tra il IV e il III sec. a.C. Seppur non vi siano tracce di dediche epigrafiche, il complesso potrebbe essere assimilabile al culto di Dioniso, o altre divinità infernali, ipotesi confermata dalla presenza di testine fittili. Il sacro tempio ellenico, edificato in epoca greca, è costituita da un’ampia area aperta, su cui si affacciano ambienti di servizio: due di stile dorico, con stipiti monolitici e una grotticella, scavata nel banco roccioso. Si accedeva al luogo di culto da ovest, attraverso una scalinata scavata nella roccia, di fronte alla quale è posto un altare, ipoteticamente per sacrifici animali, nonché, altra conferma della probabile dedicazione ed utilizzo.L’altare è un monolite in carparo, provvisto di una canaletta che serviva a far defluire il sangue.
Tutto intorno, una serie di pozzi serviva inizialmente per l’approvvigionamento idrico e in seguito, fu utilizzata per lo scarico di oggetti votivi, ossia una sorta di stipe votiva. Durante gli scavi si rinvennero tazze rituali “skyphoi”, con iscrizioni dipinte in onore di Dioniso, dunque, altra conferma. Il tramonto di tale tempio, potrebbe essere giunto a causa del “Senatus consultus de Bacchanalibus”, legge con la quale si vietò qualsiasi forma di utilizzo e di conseguenza il culto dedicato al dio Dioniso. Il complesso cultuale, sembra essere stato abbandonato alla fine del II sec. a.C….

✅ In ottemperanza alla normativa anti-Covid19 l’evento medesimo è stato contingentato, seguendo le direttive nazionali vigenti in materia, previo distanziamento fisico e utilizzo obbligatorio delle mascherine. Di conseguenza le prenotazioni che sono giunte per entrambi i turni, hanno seguito un preciso distanziamento.

💃Ma adesso conosciamo meglio Cinzia Pizzo. Cinzia Pizzo è nota nella cultura tarantina, per operare come ricercatrice di tradizioni e cultura popolare dell’area jonica, da svariati anni, inoltre, è danzatrice ed insegnante di danze popolari. Il suo lavoro di ricerca inizia nel lontano 1992 con un progetto di musica popolare che spazia su tutta l’area meridionale. Di lì a breve inizierà la sua ricerca sul campo, mai interrotta, protesa a valorizzare il patrimonio tradizionale di Taranto e provincia con particolare attenzione sul capoluogo jonico. La danza popolare entra nella sua vita nei primi anni del terzo millennio, nasce così una passione che l’accompagna ancora oggi e che diventa subito motivo di studio e condivisione. Storia e tradizione tarantina i punti fondamentali del suo impegno. Intenso il suo lavoro di ricerca, su usi, costumi e musica tradizionale nonché cantatrice popolare. Notevole il suo lavoro sul Tarantismo tarantino, una lunga serie di interviste rivolte agli anziani della città, le ha reso possibile, una ricostruzione precisa ed efficace dei rituali esclusivi del luogo. Diffonde con passione i risultati della sua opera sul campo, in rete con altri operatori ed importanti studiosi locali. Collabora attivamente, in perfetta sintonia con il panorama culturale cittadino, alla restituzione di quella centralità negata per decenni alla città di Taranto, relativa al fenomeno del tarantismo. Molto importante è il suo il ruolo come insegnante di danze popolari, all’interno dell’associazione “Tarantinìdion”, con il merito di aver riportato in auge lo stile della “pizzica tarantina”, a Taranto e non solo. ✒ #TarantoUnaFinestraSu… #festivalitaca #turismoresppnsabile #biodiversità #itacataranto
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💃Ma adesso conosciamo meglio Giù Di Meo. Giù Di Meo è una “canta-educatrice”. Con tono caldo e a volte graffiante, quasi a voler scalfire e smussare la realtà ed i contesti, esordisce con la band Le3corde, in cui canta, suona la chitarra e fischia, dal lontano 2008. Appassionata di cantautorato italiano, inizia il suo percorso con omaggi e tributi alla voce e all’anima di Fabrizio De Andrè. Nel 2011 prende parte al progetto audiovisivo “Fumo Mortale” (deadly smoke) nato dall’ idea di Giovanni Orlando (compositore e produttore) e dal regista Fabio Mastrovito, volto a sensibilizzare le coscienze dei cittadini tarantini, pugliesi e dell’Italia tutta. Nel 2012, con il bassista Alessandro Martina autoproduce un primissimo lavoro di brani inediti, per poi proseguire con la scrittura e la composizione di brani che hanno trovato luogo e dimora nell’album NA!?. Amante dei dialetti e delle parole, si avvicina alla musica tradizionale popolare sia tarantina che siciliana in particolare, omaggiando la fierezza e la grinta di Rosa Balistreri. Definendosi una “canta-educatrice”, poiché segue minori videolesi da ben oltre 12 anni, il suo mero obiettivo è quello di unire educazione e musica, integrazione ed inclusione.Attualmente impegnata nella composizione e messa a punto di propri brani, Giù continua a preferire la terra al cielo. ✒ #TarantoUnaFinestraSu… #festivalitaca #turismoresppnsabile #biodiversità #itacataranto
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. 🎭 Ma adesso conosciamo meglio Serena Arco. Serena F. Arco è una danzatrice e performer di danza contemporanea. Incomincia a studiare danza all’età di 7 anni, iniziando la sua formazione da Taranto, frequentando la scuola di danza del Centro Studi danza Koros, diretta dall’insegnante Angela Barbanente. Palestra di vita che le ha permesso di studiare con maestri di fama nazionale e internazionale, come: Massimo Blonda, Joseph Fontano e Francesco Saracino. Ben presto la solida formazione ricevuta nella stessa scuola le ha permesso di superare l’ ammissione all’ Accademia Nazionale di danza di Roma, giunta 13 anni, dove viene notata da alcuni docenti per le sue capacità espressive e creative del movimento. Qui ha modo di approfondire lo studio della tecnica classica con maestri come Manuela Cerreto, Stefania Brugnolini, Simonetta Secci e Anna Galeotti e le diverse tecniche della danza contemporanea con Enrica Palmieri, Joseph Fontano, Dino Verga, Corinna Anastasio e Fara Grieco. In AND danza su coreografie di Enrica Palmieri, Fara Grieco, Mario Piazza e nel 2006 partecipa al concorso internazionale per giovani talenti della danza “Premio Roma” con coreografie di Luca Russo. Dopo aver concluso il ciclo di studi accademico e aver conseguito il diploma, perfeziona lo studio delle tecniche della danza contemporanea tra cui Cunningham, Release e in seguito il Floorwork, seguendo le lezioni di Azzurra De Zuanni e Michela Mucci. Nel 2010 entra a far parte della compagnia di danza contemporanea BricolageDanceMovement diretta da Michela Mucci, esibendosi nelle rassegne e nei festival sul territorio nazionale tra cui Martelive, Kontejner Festival, la Giornata Internazionale della Danza nel 2012 al Teatro Olimpico di Roma e la rassegna-vetrina del Teatro Greco “Che danza vuoi?” e nei seguenti spettacoli: “Fimmina, corpo, anima e cervello”(2010) con coreografie di Michela Mucci e Rossella Fusco, “Soul Under Construction” (dal 2011 fino al 2015), “ Sweetcase” (2014) e “Trip Bodies” (2015). Dal 2014 entra a far parte della compagnia di teatro-danza InterpretazioneDanza diretta da Antonella Gionta e danza negli spettacoli: -“Pietre”(2014) omaggio alle vittime dell’ Olocausto; -“Sospensioni” (2015), spettacolo polifonico sull’ amore; -“ La Marionetta” (2018) al Teatro Greco di Roma; – “Il racconto di Ate” (2019) al Teatro Cometa Off di Roma. Parallelamente al lavoro artistico affianca quello dell’ insegnamento della danza classica e della danza contemporanea a Roma, è istruttrice del metodo Pilates (matwork) e ginnastica posturale e segue seminari di approfondimento sul tema della danza educativa nelle scuole. Recentemente ha conseguito il Master congiunto di I livello in tecniche dell’ improvvisazione coreutico-musicale, promosso da Accademia Nazionale di danza, Conservatorio S. Cecilia di Roma e Fondazione MAXXI (nell’ ambito dell’ iniziativa Sillumina con il sostegno della Siae e del MiBACT) e ha danzato nelle performance d’ improvvisazione con il gruppo “Cantiere Infinito” presso Museo MAXXI di Roma, MACRO ASILO, e nella performance site- specific al MuCiv (Museo delle Civiltà di Roma). In ultimo come danzatrice porta avanti una ricerca personale sul site-specific, integrando diversi linguaggi espressivi come poesia e musica dal vivo. ✒ #TarantoUnaFinestraSu… #festivalitaca #turismoresppnsabile #biodiversità #itacataranto
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💃Ma adesso conosciamo meglio Simona Cucci. Simona Cucci, tarantina di origine, ha conseguito la laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli studi di Bari e insegna Lingua e Cultura tedesca al Liceo “Galileo-Ferraris”. Ha studiato canto jazz con il M° Mario Rosini e il M° Nicola Locritani presso l’Istituto di Alta Formazione Musicale “Giovanni Paisiello” di Taranto. Canta come contralto nel gruppo vocale “The Jazz Set” che vanta numerose collaborazioni con noti artisti come Mario Rosini, Rossana Casale, Mirko Signorile. Dal 2002 canta come contralto nel Coro della diocesi di Taranto diretto attualmente dal M. Fabio Massimillo ed ha partecipato attivamente a numerosi concerti, sia come corista che come voce solista. In particolare si ricordano il “Requiem” di John Rutter con l’orchestra della Provincia di Bari , “100 anni di carità” con l’orchestra dell’Istituto Paisiello e “Catalde vade Tarentum” con l’orchestra della Magna Grecia. Con il M° Massimiliano Conte, con cui collabora da lungo tempo, ha ideato e realizzato nel 2010 l’apprezzato Recital “Il signore dal pauroso aspetto”. Da molti anni collabora come rievocatrice storica con numerose associazioni culturali dedite alla promozione del territorio (Maria D’Enghien, I Cavalieri de li Terre Tarentine, Cerva Regia, Discoverart, Pittaggio del Baglio, Tarantinìdion …) intervenendo negli eventi in veste di interprete di canti ellenici, medievali e popolari o anche in veste di narratrice. La passione per la storia antica di Taranto e per le rievocazioni storiche l’hanno portata ad approfondire in particolare lo studio degli antichi canti ellenici e degli inni delfici di cui è apprezzata interprete. Dal 2016 collabora con il noto attore tarantino Massimo Cimaglia con il quale ha partecipato nel ruolo di cantante e attrice a numerosi eventi tra i quali : “Lo Sbarco di Falanto”, “Di Sparta le storie” presso il Teatro Tarentum, “Una fiaba rupestre”. ✒ #TarantoUnaFinestraSu… #festivalitaca #turismoresppnsabile #biodiversità #itacataranto
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💃Ma adesso conosciamo meglio Simone Carrino. Simone Carrino è un percussionista e ricercatore specializzato sul tamburello italiano. Inizia il suo percorso musicale nel 2007 con il gruppo di musica popolare “Li Pizzicariddi”.Lì comincia ad intraprendere lo studio da autodidatta dello strumento.Già nel 2008, iniziando a studiare batteria, si avvicina a quello che è il suo argomento di ricerca: l’applicazione dei groove batteristici sul tamburello. Di lì inizierà varie collaborazione con formazioni di musica jazz e contemporanea presenti sul territorio jonico. Nel 2009 comincia gli studi di percussioni sinfoniche con il M° Vito Perrini e di pianoforte presso il liceo dei Beni Culturali Musicali dell’istituto Archita di Taranto dove, nel 2011, inizierà anche gli studi di contrabbasso con il M° Andrea Pino.Intraprende varie collaborazioni con musicisti appartenenti a varie zone e generi musicali come Mariella Nava, Nabyl Bey, Guido Sodo e Riccardo Tesi.Nel 2012 inizia la sua collaborazione con l’Orchestra dello Scorpione di Mimmo Gori, un ensemble orchestrale che raccoglie a sé musicisti del territorio tarantino presi da vari contesti.Nel 2015 inizia la sua collaborazione con il gruppo di musica popolare che si occupa di ricerca, recupero e riproposta della cultura popolare tarantina Tarentínula di Cinzia Pizzo, prendendo parte anche alle attività dell’associazione Tarantínidìon. Con l’iscrizione alla facoltà DAMS dell’Università del Salento nel 2016 comincerà a collaborare con il prof.ssore G. Salvatore sia nel contesto di ricerca etnografica che in quello musicale, intraprendendo un percorso di studi sul tarantismo ed approfondendo la conoscenza delle culture underground in riferimento alla Popular Music.Nel 2017 inizierà la collaborazione con l’attore Massimo Cimaglia componendo, insieme al M°Bruno Galeone, le musiche per lo spettacolo “Una fiaba rupestre” e”Storie di Sparta”. Nello stesso anno, con l’intento di ampliare lo spettro delle sue sperimentazioni in ambito sonoro, fonderà insieme a Bruno Galeone il Duo Sperimentale Galeone-Carrino, con cui ha preso parte alle iniziative del DAMS e con cui inciderà il singolo “Il Punto zero” che verrà selezionato nella finale del Cra-Fest 2020. Nel 2018 inizia la collaborazione con il M° Gianni Sciambarruto e la formazione di musica afro-brasiliana “Yáràkä”. ✒ #TarantoUnaFinestraSu… #festivalitaca #turismoresppnsabile #biodiversità #itacataranto
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Cinzia Pizzo e Mino Lo Re a Taranto, Italy.

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